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Gudrun Ensslin. Attrice, madre, terrorista, prigioniera
Ulrike Meinhof è il primo nome che viene in mente pensando al terrorismo in Germania negli anni Settanta, ma fu Gudrun Ensslin a fondare – insieme ad Andreas Baader – la Rote Armee Fraktion (RAF). Una volta deciso di fare tabula rasa di tutto – radici, educazione, studi, marito, figlio – per stare “dalla parte giusta”, insieme a un uomo cui la univa un sentimento viscerale, Gudrun, tra le altre cose, diede fuoco a due grandi magazzini, assaltò banche, visse in clandestinità e poi in prigione, fino alla morte. Si impiccò, a trentasette anni, corpo reso scheletrico dai digiuni forzati, custode [...]
L'esilio interiore. Quaderni
Dialoghi a una voce sola: così potrebbero essere definiti i frammenti che si rincorrono tra le pagine di questi quaderni, testimonianza di una prodigiosa fucina intellettuale in perenne attività. Alcuni sono affondi nell’attualità, che registrano in presa diretta le reazioni [...]
DissacrArte. Avanguardia e sacro nell'arte contemporanea
Negato nel mondo moderno, il sacro riemerge nella postmodernità scegliendo come terreno d'elezione poeti, narratori e artisti. Insieme a ricognizioni di natura teorica, questo numero di «Antarès» raccoglie le loro opere e testimonianze, con l'ambizione di essere il manifesto di [...]

Riviste / blog

Rote Armee Fraktion

Rote Armee Fraktion

Inland n. 18/2024
GRATUITO PER I NOSTRI LETTORI UN ESTRATTO DELLA COPIA DIGITALE DI QUESTO NUOVO INLAND E ALCUNI TESTI DA LEGGERE ONLINE Due anni fa, nel concepire il nuovo corso di INLAND, con Ilaria Floreano e la redazione di Bietti Edizioni abbiamo adottato questa sequenza come punto di partenza. Letteralmente, di innesco. Abbiamo calato la dinamite nelle profondità di un progetto nato nel 2015 e, insieme, nelle cavità del modus pensandi che, allora, ci aveva spinti ad adottare l’autore cinematografico come nucleo da cui emettere direttrici eccentriche di riflessione. Abbiamo chiuso gli occhi e schiacciato il tasto. Poi, li abbiamo riaperti e ci siamo goduti la [...]
Lo psicopatico Alex De Large (Arancia meccanica, 1971), i compositori Franz Liszt (Lisztomania, 1975) e Wolfgang Amadeus Mozart (Amadeus, 1984), l’attore Wilbur (Fitzcarraldo, 1982), Iago nell’Otello (mai realizzato) di Roman Polański e persino Lucifero stesso (Lucifer Rising, 1972). Sono alcuni dei ruoli che Mick Jagger avrebbe voluto o dovuto interpretare sul grande schermo. Occasioni perdute che, nel saggio di Alberto Pallotta Le labbra sulla celluloide. MickJagger e il cinema (Fotogrammi Bietti, 106 pp., € 4,99), contano tanto quanto le parti effettivamente recitate per raccontare il bizzarro rapporto fra la Settima arte e il leader dei Rolling Stones, tanto influente nell’immaginario cinefilo quanto [...]
Quali sono le idee o le tesi principali che sostieni nel libro? Prendendo in considerazione oltre 200 film e 85 opere letterarie, e accumulando trame, battute di sceneggiatura, stralci di romanzi o verbali della polizia, resoconti psicanalitici, dichiarazioni di giudici e commissari (veri e finzionali) ho assemblato un tomo definitivo e caleidoscopico sulla Storia del nostro Paese, così come si è originato da una “scena primaria” felice e insidiosa: il boom del benessere ha creato mostri che ancora imperversano. Il cinema criminale consente libero accesso al subconscio della realtà, dà visibilità alla Storia mediata dal filtro della rappresentazione e rilegge modelli [...]

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Marilyn, l’intervista impossibile

Dio salvi la Regina! al TG 5

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