Lo specchio è un simbolo polisemantico. Investe la sfera delle apparenze, ma anche quella dei significa(n)ti. Chiama in causa l’estetica, la filosofia e, insieme, la psichiatria. È l’uno che contiene il due, l’oggetto che racchiude il corpo e la psiche.
La scelta dell’icona migliore per rappresentare questo capitolo #16 dei nostri quaderni è stata facile, quasi obbligata. Oltre a essere oggetto protagonista – o comunque spesso presente – di gran parte dei film di Mike Flanagan, lo speculum (dal latino specere, “guardare”) racchiude il senso primo – e forse ultimo – della sua cinematografia.
Specchi deforma(n)ti e distorti come chiavi di accesso a un delirio psicotico o a un sistema allucinatorio complesso. Specchi e riflessi come indicatori simbolici di doppi e doppelgänger al lavoro. Specchi come armi di un altrove, utilizzati da un ineffabile altro per scindere menti troppo deboli per resistere all’impatto con il demonio. Specchi, infine, come termini di riferimento per guidare uno sguardo mai così geometrico, puntuale ed esatto nell’horror d’autore contemporaneo. Un horror, quello dell’autore nato nel 1978 a Salem, Massachusetts, che lavora sui significati nascosti in superfici levigate, sui fantasmi che animano messe in quadro riposanti come inviti alla contemplazione.
Tempi rarefatti, dilatati. Movimenti cadenzati. Establishing shots vissuti non come un pegno da pagare alla decodifica spettatoriale, bensì come opportunità per una più profonda esperienza estetica e drammaturgica. Tutto, in Flanagan, pare in perenne sospensione, nell’attesa che uno specchio faccia il suo lavoro.
E cos’è INLAND. Quaderni di cinema, se non una testata che da sempre si connota per la polisemanticità, per il suo sondare recessi e significati nascosti (o sfuggenti) nelle filmografie degli autori trattati? Lo specchio, in fondo, riassume anche la nostra identità editoriale, perciò appare naturale che sia proprio INLAND a fare da apripista in Italia per studi monografici su Mike Flanagan.
Per tanto tempo, in redazione, ci siamo specchiati in questo autore, e negli ultimi due anni abbiamo intensificato l’attività grazie al coinvolgimento di Matteo Berardini, senza il quale – per inciso – questo numero #16 non avrebbe visto la luce con i contributi che tra poco potrete leggere. Anche Berardini, da par suo, emana un riflesso (digitale) che si chiama Point Blank, laboratorio critico che da anni si distingue per qualità di contributi e varietà di approcci. E proprio a Point Blank si è legato a doppio filo il nostro periodico per permettere allo specchio saggistico di fare il suo dovere, rendendo onore alla vastità di materiali e codici dell’universo Flanagan.
A Berardini si deve gran parte della composizione del parterre di penne convocate, alcune per la prima volta su queste nostre – vostre – pagine. Altri sono collaboratori più o meno abituali, ma sempre capaci di tagli sorprendenti e originali. Al punto che, da un saggio all’altro, appare a volte complesso riconoscerne la paternità. Anche loro, in fondo, sono creature doppie, talvolta triple o persino quadruple. A tutti, indistintamente, va il nostro ringraziamento più grande: riteniamo che l’apertura a incontri e sodalizi con firme e realtà di valore sia uno tra i valori irrinunciabili di questa creatura monografica.
Infine, in questo 2022 INLAND. Quaderni di cinema si è messo a sua volta di fronte allo speculum. Si è guardato, scrutato, indagato a fondo. Non certo per compiacersi e non tanto per conoscersi, quanto, piuttosto, per intuire il proprio futuro. Fuor di metafora, nella stanza dei bottoni di Bietti Cinema l’editore, il direttore editoriale Ilaria Floreano, l’art director Alessandro Colombo e il sottoscritto abbiamo deciso di apportare qualche cambiamento. Di aggiungere ulteriori sfumature a quelle che il nostro specchio di carta riflette ormai dal lontano 2015.
Ebbene, ci rinnoveremo. Nell’estetica, con un cambio di formato e un nuovo, rivoluzionato progetto grafico. E in parte nell’identità, aprendoci a temi e oggetti di studio che potranno andare oltre il singolo per abbracciare movimenti, epoche, fenomeni più ampi.
Discorso sibillino? Di sicuro, ma un appiglio concreto lo potete già trovare in quarta di copertina dove, come sempre, è annunciato l’argomento del prossimo numero.
Cambieremo sembianza per restare gli stessi. Perché INLAND, in fondo, è come un labirinto di specchi: concreto, eppure inafferrabile.