Divi duci guitti papi caimani. L'immaginario del potere nel cinema italiano
Gianni CanovaTorna nella collana Bietti Paperback l’instant pamphlet firmato Gianni Canova, Divi duci guitti papi caimani, per continuare a farsi una domanda: perché a Hollywood quando si mettono in scena le vicende di o legate a uomini politici si usano nomi e cognomi (da JFK. Un caso ancora aperto di Oliver Stone a Frost/Nixon. Il duello di Ron Howard, passando per Lincoln di Steven Spielberg e Jackie di Pablo Larraìn) e in Italia invece i registi scelgono sempre di nascondere l’uomo dietro una maschera (grottesca)? Nanni Moretti non parla di Berlusconi ma del Caimano, il Giulio Andreotti di Paolo Sorrentino è prima di tutto un Divo. Da questa suggestione prende il via il libro di Gianni Canova, tra i massimi critici cinematografici odierni: un pamphlet denso che approfitta dell’occasione di affrontare il “caso” The Young/The New Pope per dipanare la matassa attorno al tema “come si parla quando si parla di politica e di potere nel cinema e nella società italiani”.
Il libro andrebbe studiato nella scuole superiori e letto attentamente in vista delle elezioni. Il potere e la politica, nella cultura popolare italiana, sono quasi sempre analizzati come qualcosa di alieno, come se si cercasse un’autoassoluzione. Ecco perché il libro è in fondo anche un’analisi del carattere italiano, la narrazione del rapporto tra il cittadino e la politica, che va quasi sempre a risolversi nell’invettiva o nello sberleffo.
«Corriere della Sera»