Il video-jukebox degli anni Ottanta. Videoclip, performance e spirito del tempo

Luca Pacilio
Carlo & Enrico Vanzina n. 7/2018

Nei titoli di testa di Arrivano i gatti (1980), i Gatti di Vicolo Miracoli girano per le strade di Verona in bicicletta cantando Verona Beat, disposti frontalmente, uno accanto all’altro. Mentre le sovrascritte si susseguono, la camera ritaglia il primo piano di ciascuno, per poi mostrare luoghi significativi della città (Ponte di Castelvecchio, arche scaligere, Piazza delle Erbe). Nel suo carattere puramente performativo, legato solo pretestuosamente alla logica narrativa (i quattro si stanno recando nei rispettivi posti di lavoro), e come oggetto coscientemente a parte, questa sequenza è a tutti gli effetti un videoclip musicale. Era il 1980, ma nella sua logica (enunciazione palese, esaltazione delle caratteristiche di un territorio, lip sync esibito) questo incipit anticipa una pratica videomusicale che, soprattutto in Italia, si è consolidata in una costante: quella dell’artista che usa un contesto paesaggistico nostrano come scenario riconoscibile per incorniciare la sua esibizione. Gianna Nannini che canta Lontano dagli occhi nella Valle dei Templi di Agrigento, la Napoli di Canzone di Lucio Dalla e la Roma di Oh, vita! di Jovanotti, Il conforto di Tiziano Ferro (feat. Carmen Consoli) ambientato a Catania sono solo alcuni tra gli esempi possibili. Promo che, rivendicando un orgoglio culturale ed estetico, si riconnettono, anche solo per suggestioni, ai contenuti della canzone. È quanto avviene in questo caso: Verona, che è il punto di partenza dell’avventura artistica dei quattro protagonisti, non solo è contesto significativo a livello di narrazione, ma anche oggetto cinematograficamente “bello”, come tale mostrato e valorizzato dalla macchina da presa. Il tutto è suggellato dal testo della canzone, che parla della città come ambiente provinciale nel quale affondano le radici dei quattro (il cabaret) e che viene abbandonato per realizzare i propri sogni (quanto avverrà di lì a poco). Per dire come da sempre il cinema vanziniano dialoghi con la canzone strizzando l’occhio alla videomusica e di come, in questo caso, lo faccia con una modalità di rappresentazione che si scoprirà seminale. Nel finale del film, poi, la performance di Discogatto avviene nel contesto ricostruito di uno studio televisivo. Quello della discoteca, da allora in poi ricorrente, che prevede il contestuale svelamento del backstage: la messa a nudo del set diventerà uno dei dispositivi standard di tanti iconic videos degli anni Novanta.

Si diceva della discoteca, luogo che allude anche a un genere musicale e fissa l’epoca di riferimento: in I fichissimi (1981), demenziale variazione di Romeo e Giulietta, uno dei confronti chiave tra i protagonisti (Jerry Calà e Diego Abantantuono) avviene proprio in una discoteca durante una festa in maschera in cui è soprattutto il movimento dei personaggi a suon di musica a condurre, come in un videoclip, il balletto dell’equivoco. Se il confronto tra le bande rivali nella metro all’inizio del film è un esplicito riferimento a I guerrieri della notte di Walter Hill (1979), visto con gli occhi di oggi, stante il ruolo del sottofondo musicale, diventa anche un’anticipazione di almeno due video di Michael Jackson: quello di Beat It diretto da Bob Giraldi (che ammiccava a West Side Story [1961] e, di conseguenza, a Romeo e Giulietta) e, soprattutto, lo scorsesiano Bad, che ne condivide non solo le logiche, ma anche l’ambientazione. Profezia? No, ma dimostrazione cristallina di come il cinema vanziniano sia stato da sempre sensibilissimo al contemporaneo e alle sue iconografie, e pronto ad assorbirli. Che è poi una delle strategie-principe del videoclip musicale. In questo senso la loro produzione degli anni Ottanta risulta portentosa nella sua aderenza allo Zeitgeist, non solo quando i Vanzina operano nella commedia – la quale nell’esasperazione e parodizzazione dei tic del tempo trova uno dei suoi filoni più felici – ma anche quando decidono di abbracciare il genere. In Mystère (1983), in piena coerenza con quella che è e sarà l’estetica dei video anni Ottanta, è significativo il modo in cui la macchina da presa esprime la sua attenzione per la protagonista (Carole Bouquet) attraverso immagini a impatto concentrato: gli esercizi ginnici, il maquillage, gli abiti che lei indossa (in una variazione cromatica che si converte in pura liturgia visiva: nero, giallo, rosso, arancio, verde, azzurro), l’acconciatura, le diverse fasi di costruzione della sua immagine, con una rilevanza strategica attribuita al dettaglio, a un accessorio elevato a feticcio (l’accendino). Proprio come in un clip diretto da Russell Mulcahy o Steve Barron, registi che hanno settato l’estetica video del decennio. O come in una pubblicità, altro linguaggio che lavora su cliché visivi e tematici e che i fratelli dimostrano di conoscere benissimo (basterebbero gli innumerevoli product placements che punteggiano spudoratamente la loro filmografia). Nei titoli di testa, occasione che i Vanzina colgono spesso per esprimersi in un linguaggio diverso da quello dettato dalla narrazione pedissequa, la chiusura del bagagliaio della fuoriserie mostra il riflesso del volto di Carole Bouquet sulla carrozzeria, accanto al logo della Ferrari: è un’immagine sintetica, da linguaggio visivo breve, che dice in due secondi glamour, ricchezza, esclusività.

Anche quelle dei set e delle scenografie sono scelte che parlano: l’ovvia apoteosi di questo approccio la si constata in Sotto il vestito niente (1985), dove ambienti come la palestra, il teatro di posa, il defilé di Moschino (e il suo dietro le quinte) non sono semplici sfondi, ma campi d’esperienza, distillati di atmosfera, vetrine di immagine (gli Ottanta erano gli anni del look) che raccontano tutto attraverso la superficie: movimento, colore, luci e giochi di chiaroscuro, corpi, visi. Gli shooting fotografici diventano occasioni per celebrare la bellezza delle attrici, metterne in evidenza sensualità e fascino in pose innaturali, svincolate dal racconto: si restituisce così il senso pieno di un clima e di una temperie in sequenze che assecondano e sposano il ritmo della musica. È quanto stava avvenendo nell’era di MTV: pensiamo al video di Slave to Love di Bryan Ferry, diretto da Jean-Baptiste Mondino, brano non a caso utilizzato nella colonna sonora del film. Lo stesso vale per il gusto grafico – design patinato, uso del fluo – che caratterizza le scene di sesso: per tutte, quella tra Carol Alt e Fabrizio Bentivoglio in Via Montenapoleone (1987) sulle note di One More Night di Phil Collins. Perché anche i brani musicali non sono mai scelti a caso: hit, ma non solo; belli, ma non necessariamente; riconoscibili sempre. Quelli dei Vanzina sono veri e propri film-jukebox in cui si raccolgono i brani più rappresentativi del periodo, dai più gettonati a quelli selezionati solo da “chi ne sa”: così, in Yuppies. I giovani di successo (1986), si va dalla italo-disco del popolarissimo Sandy Marton ai raffinati Matt Bianco e Propaganda. Un altro modo per datare le immagini, riferirle a un periodo, legarle indissolubilmente alle sue tendenze e obbligare lo spettatore, anche a distanza di anni, a un’immediata immersione nello spirito del tempo. Discorso solo in parte diverso per le rievocazioni d’epoca: così l’adattamento di I miei primi 40 anni (1987) diventa l’occasione per far scandire il racconto da canzoni che coprono almeno cinque lustri: che sia il Senza fine sussurrato da Ornella Vanoni o il nostalgico Alone Again di Gilbert ‘O Sullivan, si tratta di brani che non solo dipingono un clima, ma fungono, nell’ampio arco cronologico che abbraccia la vicenda del film, da veri e propri segnatempo. Anche se l’operazione di autentica archeologia vintage i fratelli la praticano nei Sapore di mare, ode non solo a un’epoca, gli anni Sessanta, ma alla sua musica. Le canzoni sono onnipresenti, commentano gli avvenimenti, li sottolineano, li enfatizzano, fino a dilagare nella diegesi: Edoardo Vianello in carne e ossa intona I watussi mentre i protagonisti ballano l’hully-gully, ammiccando a un sottotesto citazionista (il musicarello); il finale del dittico poi – diretto da Bruno Cortini, ma scritto dai Vanzina – non può che essere segnato dalla presenza di Gino Paoli che, nel locale della giovinezza in cui i protagonisti ormai adulti si rincontrano, intona Sapore di mare chiudendo magicamente il cerchio.

[Vai all'indice]

Scarica il pdf

Ultime uscite

François Ozon

François Ozon

Inland n. 2/2016
Il secondo numero di INLAND è il primo volume dedicato in Italia a François Ozon. Regista tra i generi, firma sfuggente all’etichetta d’autore, nei suoi film Ozon fa riverberare echi [...]
Fiume Diciannove - Il Fuoco sacro della Città di Vita
1919-2019. Un secolo fa Gabriele d’Annunzio entrava in Fiume d’Italia, dando vita a quella che sarebbe stata una rivoluzione durata cinquecento giorni. Un’atmosfera febbricitante e festosa, ma anzitutto sacra, qui [...]
Aldo Lado

Aldo Lado

Inland n. 9/2019
Quello che stringete tra le mani è il numero più complesso, stratificato, polisemantico del nostro – vostro – INLAND. Quaderni di cinema. Lo è innanzitutto grazie al parco autori, mai [...]
Dylan Dog - Nostro orrore quotidiano
Detective dell’Occulto, Indagatore dell’Incubo, Esploratore di Pluriversi: come definire altrimenti Dylan Dog, dal 1986 residente al n. 7 della londinese Craven Road? Le sue avventure – che affrontano tutti gli [...]
Dino Buzzati - Nostro fantastico quotidiano
Vi sono autori, come disse una volta Conan Doyle, che «hanno varcato una porta magica». Tra questi spicca Dino Buzzati, che ha condotto il fantastico nel cuore pulsante della materia. [...]
William Lustig

William Lustig

Inland n. 13/2020
Gennaio 2015, riunone di redazione: si discute a proposito della nascita di INLAND. Quaderni di cinema. A chi dedicare i primi tre numeri? Idee tante, unanimità poca. Restano quattro progetti, [...]
Jorge Luis Borges - Il Bibliotecario di Babele
Jorge Luis Borges è un autore oceanico, un crocevia di esperienze, storie, civiltà e piani dell’essere, un caleido­scopio nel quale il passato si fa futuro e il futuro si rispecchia [...]
Rote Armee Fraktion

Rote Armee Fraktion

Inland n. 18/2024
GRATUITO PER I NOSTRI LETTORI UN ESTRATTO DELLA COPIA DIGITALE DI QUESTO NUOVO INLAND E ALCUNI TESTI DA LEGGERE ONLINE Due anni fa, nel concepire il nuovo corso di INLAND, con [...]
Antonio Bido

Antonio Bido

Inland n. 11/2019
Girata la boa del decimo numero, INLAND. Quaderni di cinema compie altri due significativi passi in avanti. Innanzitutto ottiene il passaporto. A rilasciarlo è stato il Paradies Film Festival di Jena [...]
Carlo & Enrico Vanzina

Carlo & Enrico Vanzina

Inland n. 7/2018
INLAND. Quaderni di cinema numero #7 nasce nell’ormai lontano dicembre 2017, in un bar di Milano dove, di fronte al sottoscritto, siede Rocco Moccagatta, firma di punta di tutto quel [...]
Lav Diaz

Lav Diaz

Inland n. 3/2017
È da tempo che noi di INLAND pensiamo a una monografia dedicata a Lav Diaz. Doveva essere il numero #1, l’avevamo poi annunciato come #2, l’abbiamo rimandato in entrambe le [...]
Mike Flanagan

Mike Flanagan

Inland n. 16/2023
Lo specchio è un simbolo polisemantico. Investe la sfera delle apparenze, ma anche quella dei significa(n)ti. Chiama in causa l’estetica, la filosofia e, insieme, la psichiatria. È l’uno che contiene [...]
Manetti Bros.

Manetti Bros.

Inland n. 14/2022
Febbraio 2020. Inland. Quaderni di cinema numero #13 va in stampa con una nuova veste. Brossura, dorso rigido, grammatura della copertina aumentata. Il numero è dedicato a William Lustig, alfiere [...]
Lune d'Acciaio - I miti della fantascienza
Considerata da un punto di vista non solo letterario, la fantascienza può assumere oggi la funzione un tempo ricoperta dai miti. I viaggi nello spazio profondo, le avventure in galassie [...]
Rob Zombie

Rob Zombie

Inland n. 1/2015
Con la parola inland si intende letteralmente ciò che è all’interno. Nel suo capolavoro INLAND EMPIRE, David Lynch ha esteso la semantica terminologica a una dimensione più concettuale, espansa e [...]
Pupi Avati

Pupi Avati

Inland n. 10/2019
Numero #10. Stiamo diventando grandi. Era da tempo che pensavamo a come festeggiare adeguatamente questa ricorrenza tonda, questo traguardo tagliato in un crescendo di sperimentazioni editoriali, collaborazioni, pubblicazioni sempre più [...]
Philip K. Dick - Lui è vivo, noi siamo morti
Celebrato in film, fumetti e serie tv, Philip K. Dick ha stregato gli ultimi decenni del XX secolo. Ma il suo immaginario era talmente prodigioso che, a furia di sondare [...]
Sergio Martino

Sergio Martino

Inland n. 5/2017
Giunto al quinto numero, INLAND. Quaderni di cinema affronta uno snodo cruciale, fatto di significative ed emblematiche svolte che segnano uno scarto, un’apertura rispetto alla precedente linea editoriale. Innanzitutto la scelta del [...]
Carlo Verdone

Carlo Verdone

Inland n. 12/2019
"Vi ho chiesto di mettere la mia moto Honda Nighthawk in copertina perché su quella moto c'è passato il cinema italiano. Su quella moto io sono andato e tornato da [...]
Rob Zombie Reloaded

Rob Zombie Reloaded

Inland n. 8/2019
Giunto all’ottavo fascicolo, INLAND. Quaderni di cinema riavvolge per un attimo la pellicola della sua breve ma significativa storia, tornando a percorrere i passi compiuti nel 2015 quando aveva aperto [...]
America! America? - Sguardi sull'Impero antimoderno
L’impero statunitense ha sempre generato nella cultura italiana reazioni contrastanti, che spaziano da un’esaltazione semi-isterica a una condanna a priori, altrettanto paranoica. Sembra sia pressoché impossibile, per chi si confronta [...]
Dario Argento

Dario Argento

Inland n. 15/2022
Tutto è nato da Occhiali neri (2022). Dalla sua visione, certo, ma anche dal dibattito che il film ha riaperto a proposito di Dario Argento e di tutto ciò che [...]
Walt Disney - Il mago di Hollywood
«Credo che dopo una tempesta venga l’arcobaleno: che la tempesta sia il prezzo dell’arcobaleno. La gente ha bisogno dell’arcobaleno e ne ho bisogno anch’io, e perciò glielo do». Solo un [...]
4-4-2 - Calciatori, tifosi, uomini
Nel calcio s’intrecciano oggi le linee di forza del nostro tempo; talvolta vi si palesano le sue fratture, i suoi non-detti. Ecco perché il quattordicesimo fascicolo di «Antarès» è dedicato [...]
Nicolas Winding Refn

Nicolas Winding Refn

Inland n. 4/2017
Perché Nicolas Winding Refn? La risposta è semplice: perché, piaccia o no, è un autore che, più di altri, oggi ha qualcosa da dire. Sebbene sempre più distante dalle logiche [...]
Michele Soavi

Michele Soavi

Inland n. 6/2018
Il nuovo corso di INLAND. Quaderni di cinema, inaugurato dal numero #5, dedicato a Sergio Martino, è contraddistinto da aperture al cinema italiano, al passato, a trattazioni che possano anche [...]

Ultimi post dal blog

Trent ’anni non bastano. Né mai sarà sufficiente qualunque distanza temporale dalla sua scomparsa per sopire il senso di inadeguatezza, l’incurabile timore reverenziale e di lesa maestà scrivendo del genio di Gian Maria Volonté. Una genialità controversa, travolta dalle mistificazioni, salvaguardata dal mistero. Quel suo sguardo severo nutrito dall'esigenza di perfezione sopravvive nelle coscienze mai abbastanza critiche, al punto da indurre un autore a posticipare di sei anni la pubblicazione di un libro a lui dedicato perché “non si sentiva all'altezza”. Questi risponde al nome di Stefano Loparco, saggista navigato e rispetta- to, il cui L’ultimo sguardo. Vita [...]
Scritto da Ilaria Floreano, con la prefazione di Barbara Sukowa, il primo volume italiano dedicato alla cofondatrice, insieme ad Andreas Baader e Ulrike Meinhof, della Rote Armee Fraktion (RAF). Pubblicato da Bietti Edizioni, è un ritratto realizzato attraverso i film in cui ha recitato, le pellicole che ha ispirato, le affinità e le divergenze con personaggi come R. W. Fassbinder e le lettere scritte dal carcere alla sorella Scritto con passione e autorevolezza da Ilaria Floreano, Gudrun Ensslin. Attrice, madre, terrorista, prigioniera è un’indagine su una cittadina niente affatto al di sopra di ogni sospetto. Con gli strumenti della letteratura e del [...]