INLAND. Quaderni di cinema numero #7 nasce nell’ormai lontano dicembre 2017, in un bar di Milano dove, di fronte al sottoscritto, siede Rocco Moccagatta, firma di punta di tutto quel ramo della critica italiana scevro da pregiudizi nei confronti degli studi sul cinema popolare nostrano. Parliamo a lungo di un’idea, che a dire il vero in casa Bietti io e Ilaria Floreano rimasticavamo da anni, senza tuttavia riuscire a trovare il giusto modus per trasformarla in pagine: un libro su Carlo ed Enrico Vanzina che possa (im)porsi come pietra miliare in un discorso (a)critico e obiettivo su due tra gli alfieri degli ultimi quarant’anni di cinema commerciale made in Italy. Riflettere sui Vanzina è riflettere sul cinema come industria, ma anche sui mutamenti della società e del costume del Belpaese, vista la propensione vanziniana a un’arte che si faccia interprete e cartina di tornasole dei tempi che (s)corrono.
Rocco, a quel punto, si spinge oltre: perché non realizzare un volume che, oltre a riflettere su Carlo ed Enrico Vanzina, rifletta con loro? Ecco allora prendere forma la seconda uscita della collana I libri di INLAND – con tanto di intervista-monstre di circa 200 pagine sull’intera carriera degli autori di Sapore di mare – e, di conseguenza, il fascicolo che avete tra le mani o su schermo. Insieme, i due testi offrono un moloch vanziniano capace di sviscerare, con ambizioni di esaustività, il cinema e il pensiero dei fratelli. Sono oggetti complementari, come da piano editoriale: INLAND guarda nelle feritoie aperte dal libro di riferimento, e viceversa, in un percorso di reciproco che arricchisca il senso di entrambi i volumi.
Questo settimo quaderno di cinema è diverso dal solito. Come sempre, perché alla nostra creatura monografica piace cambiare pelle di continuo e plasmarsi a seconda dell’autore trattato. Realizzato in collaborazione con il festival Presente Italiano di Pistoia – che sceglie il nostro periodico come pubblicazione ufficiale per la seconda volta, dopo la felice esperienza del numero #5 (Sergio Martino) nel 2017, e lo adotta come strumento-guida in vista dell’omaggio ai Vanzina programmato dal 12 al 14 ottobre 2018 – INLAND #7 non si confronta con l’intero corpus vanziniano, sterminato e impossibile da comprimere in una foliazione limitata.
A Moccagatta e al suo poderoso volume il compito (assolto, cum laude) di esplorare e minuziosamente sezionare i 60 titoli di quattro decadi di attività. In questa sede, invece, si è scelto di isolare gli anni Ottanta, decennio chiave per cogliere il senso socio-antropologico del lavoro vanziniano e finestra temporale di culto più di ogni altra. Sapore di mare, Vacanze di Natale, Sotto il vestito niente, i Gatti di Vicolo Miracoli e Diego Abatantuono “terrunciello”, Jerry Calà ed Ezio Greggio, Boldi & De Sica, Renée Simonsen e Carol Alt, la Milano “da bere” e la Roma “da mangiare”: l’elenco delle icone e delle creazioni vanziniane partorite in quel decennio ed entrate nell’immaginario collettivo è sterminato e sufficiente a giustificarne lo studio. Pochi saggi, questa volta, ma tutti centratissimi: Moccagatta (e chi, sennò?) mette a fuoco il modus operandi di Carlo ed Enrico, Mancino completa l’inquadramento spingendosi nei territori prediletti del cinema indiziario di Tre colonne in cronaca, Pacilio affronta con perizia gli indissolubili legami con il videoclip, Sacchi si sofferma su corpi ed (est)etiche patinate, il sottoscritto indaga sulla natura del cosiddetto Vanzina’s touch, la nostra capo-redattrice Floreano (che per la prima volta interviene su queste pagine) intreccia cinema e moda cogliendo la contemporaneità glamour dello sguardo vanziniano, infine Giorgi – che del cinema dei fratelli è tra i massimi esperti – guarda agli aspetti eccessivi di pellicole senza peli sulla lingua. A corredo del fascicolo, un inserto fotografico poderoso e significante, frutto della collaborazione con Carlo ed Enrico, dalla cui Video80 provengono gli scatti (di scena, di set) pubblicati a centro numero. Tante foto, tutte Eighties, per un viaggio nella memoria che oggi, purtroppo, diventa epitaffio.
Perché Carlo non c’è più, e tutto questo lavoro – al quale ha preso parte attivamente, fino all’ultimo, assieme a Enrico – è diventato un omaggio postumo al suo acume. Un omaggio melanconico e nostalgico, come quei finali dolceamari che hanno cristallizzato nell’inconscio di intere generazioni le commedie anni Ottanta dei Vanzina.