Fernando Pessoa, «Economia&Commercio»
Rita Catania MarroneDopo la ristampa del poemetto di Fernando Pessoa Alla memoria del Presidente-Re, le Edizioni dell’Urogallo ripubblicano, nella collana Pessoana e in edizione riveduta, Economia & commercio. Impresa, monopolio e libertà, già dato alle stampe nel 2000 per i tipi di Ideazione. Questo è il secondo capitolo di un più vasto disegno editoriale il quale permetterà ai lettori italiani di conoscere altre sfaccettature – meno considerate rispetto a quella meramente letteraria – del poeta portoghese dai mille volti. In particolare, sono qui raccolti gli scritti del Pessoa economista, certamente uno dei più tralasciati e sottovalutati (insieme a quello esoterico e politico) dalla critica letteraria italiana.
Da questo volume (il quale mai fu pensato e strutturato come tale da Pessoa, ma risulta essere frutto del lavoro di assemblamento, ricostruzione, curatela e notazione di Brunello De Cusatis) e grazie alla esaustiva postfazione dello studioso portoghese Alfredo Margarido, emerge un Fernando Pessoa che il lettore italiano faticherà a riconoscere: un Pessoa non alieno dalla società che lo circonda, come spesso hanno voluto mostrarlo i suoi esegeti italiani, ma un individuo attivamente inserito nella propria collettività nazionale. Lungi dall’essere quel “poeta maledetto” che vive per scelta incompreso al di fuori dei confini della civiltà, Pessoa si dimostra, in questi scritti, un intelligente economista e un fine sociologo, diagnosta rigoroso dei problemi del mondo contemporaneo. Come sottolinea lo stesso Margarido, il lavoro di Brunello De Cusatis è “teso a mostrare, soprattutto ai non portoghesi, la trama di un’esperienza esistenziale di Pessoa in cui quasi sempre la vita pratica e la pratica della poesia sono tra di esse inseparabili” (p. 277), e non, come siamo soliti ritenere, fonte di una schizofrenia che si palesa in una vita nevrotica, scissa irrimediabilmente fra i suoi frangenti reali e quelli letterari.
Il lettore italiano non potrà non incuriosirsi di fronte ad un volume di questo genere: in quale rapporto può infatti stare la questione economica e commerciale con l’immagine classica dello spersonalizzato poeta multiplo? Si tratta, forse, di un’altra finzione del poeta fingitore? Ebbene no, in questo caso pare esserci di più. In questo testo si avrà modo di scoprire un personaggio immerso nella vita sociale, lontano dall’immagine kafkiana dell’impiegato medio-borghese che ha legato ineluttabilmente Pessoa al semi-eteronimo Bernardo Soares, autore de Il libro dell’inquietudine. Se Soares osserva il mondo dalla finestra della sua mansarda, senza aspirare ad entrare a farvi parte, Pessoa intraprende, sin da giovanissimo, una carriera che lo porta ad addentrarsi nel mondo del commercio e dell’economia, senza scadere però nella passività e torbidezza esistenziali che trapelano dagli scritti del semi-eteronimo. Se una somiglianza fra i due vi è, ovvero che entrambi non possono essere letterati “di professione”, poiché la società del lavoro richiede una disgiunzione fra un’anima estetica geniale – e per questo inutile, improduttiva – e il cittadino operoso – maschera da “uomo qualunque” –, bisogna chiedersi se Pessoa fu davvero, per i suoi contemporanei, un personaggio senza volto. Scrive Margarido: “abbiamo la possibilità di affermare che Pessoa oltreché un creatore di eteronimi è stato un uomo impegnato in molteplici attività. Nel mentre seminava in fogli e carte di tutti i formati e colori la poesia che lo avrebbe reso giustamente celebre, fu in successione: redattore politico in «Accão» – l’organo, fondato da Geraldo Coelho de Jesus, del Núcleo de Acção Nacional, gruppo facente parte del vasto ventaglio delle organizzazioni volte a preservare l’eredità e, soprattutto, la continuità del sidonismo; innamorato appassionato della giovane Ofélia Queiroz; creatore e tuttofare della Olisipo; condirettore della sua «Revista de Comércio e Contabilidade»; fondatore e collaboratore di «Orpheu» e «Athena» (e con tutto questo vi è ancora qualcuno che continua a insistere sulla sua abulia!). Sebbene l’aspetto più rilevante risieda sempre in questa impossibilità di separare, l’una dall’altra, tali attività, collocandole in angusti angoli dell’immenso parcheggio esistenziale della vita del poeta” (p. 243).
Pessoa passa gli anni dell’adolescenza (dal 1896 al 1905) a Durban, in Sudafrica, dove il patrigno, João Miguel Rosa, era stato nominato console. Qui frequenta la Commercial School, dove ha modo di studiare i pensatori della scuola liberale inglese, quali Adam Smith, Stuart Mill e Herbert Spencer (quest’ultimo, in particolare, influenzerà in modo decisivo le sue teorie) e di studiare quelle dottrine commerciali che, come il lettore apprenderà dagli articoli pubblicati in questo volume, avrà modo di criticare, perfezionare e mettere in pratica nel corso della sua vita. Una volta tornato in Portogallo, il tentativo di portare a termine il corso di laurea in lettere all’università di Lisbona naufragherà. Egli preferirà intraprendere la carriera imprenditoriale: già alla giovanissima età di 19 anni, nel 1907, rileva i macchinari di una ditta di Portalegre con l’intento di fondare una tipografia, che chiamerà Empresa Ibis. Si noti, en passant, il riferimento, certamente non casuale, come sottolinea Margarido nella sua postfazione (p. 246), all’ibis egizio il quale simboleggia il dio Theut, ritenuto, come ci insegna il mito platonico, il padre della scrittura. La Empresa Ibis non avrà però molta fortuna: sarà costretta a chiudere i battenti pochi mesi dopo l’apertura.
È da ricordare anche l’esperienza da pubblicista del poeta che, a dire il vero, risulta piuttosto traumatica: tra il 1927 e il 1928, viene incaricato di ideare uno slogan per pubblicizzare l’esordio della Coca-Cola in Portogallo. Questa la frase da lui ideata che ne sancirà l’indimenticabile incipit: “Primeiro estranhase. Depois entranha-se”, Prima sorprende. Poi si manda giù. Il direttore dell’ufficio della sanità a Lisbona, ritenendo che lo slogan somigliasse troppo alla pubblicizzazione degli effetti di uno stupefacente, ordinerà immediatamente il fermo della distribuzione del prodotto e il suo ritiro dal mercato portoghese. A causa di questo fraintendimento, la Coca-Cola potrà tornare in Portogallo quasi cinquant’anni dopo.
Pessoa troverà il suo impiego definitivo come corrispondente in lingue estere presso alcune ditte commerciali, fra le quali la Olisipo Lda (ditta commerciale di Agentes, Organizadores e Editores), fondata proprio dal poeta, insieme all’ingegnere Geraldo Coelho de Jesus e all’amico, scrittore e giornalista Augusto Ferreira Gomes. Nel 1926 è animatore, insieme al cognato Francisco Caetano Dias, della Revista de Comércio e Contabilidade, della quale questo volume raccoglie tutti gli undici articoli scritti da Pessoa. Secondo Margarido, essa rappresenta, “pur avendo avuto vita breve […], ancora oggi in Portogallo uno dei rari momenti di riflessione sistematica consacrata all’organizzazione economica e, in maniera particolare, al suo versante commerciale, seppur non sia trascurato quello industriale” (pp. 231-232).
Di vivo interesse è anche la pubblicazione del piano editoriale della Olisipo, il quale contiene una serie di traduzioni di Shakespeare – La Tempesta, Amleto, Re Lear – e di altri scrittori inglesi fra i quali Edgar Allan Poe e Coleridge, tutte a cura di Pessoa stesso, accanto a numerose traduzioni di classici (Eschilo, Saff o, Aristotele) da parte dell’eteronimo Ricardo Reis, alcune poesie dell’eteronimo futurista Álvaro de Campos, le Trovas del Bandarra con commento interpretativo del “più esoterico” degli eteronimi, Rafael Baldaia. Si può facilmente notare come buonissima parte di questo piano editoriale fosse tutto a carico dello stesso Pessoa, il quale, moltiplicato in differenti personalità letterarie, costituiva una fetta non indifferente del patrimonio culturale della casa editrice. Fra queste iniziative, quella che potrebbe destare più scalpore è la prevista traduzione dei Protocolli dei Savi di Sion, ai quale Pessoa si dimostra particolarmente interessato. Troviamo la stesura di un possibile piano dell’opera, che sarebbe stata composta da un’introduzione al testo, un commento storico ed esplicativo atto a dimostrare la autenticità del falso storico e un saggio, pubblicato in un volume a parte, dal titolo O Judeu, Sociologicamente Considerado firmato dallo stesso Pessoa. Insieme a quest’ultimo, il poeta prevede la pubblicazione di un altro suo testo intitolato Aviso, avvertimento, che avrebbe dovuto dimostrare l’esistenza di forze occulte che operano alle radici della società europea, le une atte a sostenerla, le altre a dissolverla, secondo il noto sistema della “guerra occulta”, tematizzata da Malinsky e de Poncis. A tale proposito è importante tenere conto di una serie di frammenti contenuti nel Fondo Pessoa, raccolti sotto il nome di “300”, in cui, come ricorda De Cusatis, il poeta sostiene che l’Europa sarebbe stata governata da trecento uomini i quali “servendosi del «basso giudaismo» («rozzamente materialista, spregevolmente umanitario ed entusiasticamente democratico») cercavano di dominare il mondo, attentando alla «civilizzazione europea» tramite la distruzione dei suoi tre «elementi fondamentali»: «la cultura greca», «l’ordine romano», «la morale cristiana»” (p. 117). Oltretutto, si può supporre che, nel progetto editoriale della Olisipo, il curatore dell’edizione di Protocolli, indicato con le iniziali A. L. R. sia Pessoa stesso, in quanto, come sostiene De Cusatis, le iniziali non corrispondono ad alcuno degli amici – reali o immaginari – del poeta. O almeno, di quelli di cui abbiamo notizia. Non si può non ritenere curioso questo interesse di Pessoa – il quale discendeva da una famiglia di ebrei convertiti – per una questione che, in Europa, si faceva in quegli anni sempre più scottante. Bisogna, tuttavia, tenere conto che il Pessoa che qui consideriamo non è solo il poeta degli eteronimi, ma un attento sociologo, economista e uomo politico, il quale non teme di prendere in considerazione tutti gli aspetti peculiari della sua epoca, anche quelli che noi oggi riteniamo scomodi, trattandoli con acume critico, precisione intellettuale e, talvolta, anche con una non troppo velata ironia. A questo proposito, le note esplicative del curatore non potranno che permettere al lettore di entrare nel merito di determinati argomenti, donando spunti di riflessione e di approfondimento nient’affatto scontati.
Oltre a Sull’industria, l’editoria e la pubblicità, il testo è stato suddiviso da De Cusatis in altre due sezioni: Sul commercio, teoria e pratica e Sull’economia: teoria e pratica. Vi è, alla base del discorso sul commercio e sull’economia, una premessa fondamentale: non bisogna mai commettere l’errore di ritenere separate teoria e pratica. “Per un uomo sano di spirito e d’intelligenza equilibrata” questa disgiunzione è “impropria”, in quanto “nella vita superiore la teoria e la pratica si compenetrano” (p. 30). Sembra possibile notare qui una eco della passione esoterica del poeta: se nel mondo del divenire e dell’apparenza esistono due realtà separate e contrapponentisi, ad un piano superiore questa separazione non si dà: esse appariranno, pertanto, come le due metà di un intero. Pratica e teoria sono dunque la medesima cosa; ma allora “la teoria non è altro che una teoria della pratica e la pratica non è altro che la pratica della teoria” (ibidem). Le riflessioni del poeta risultano essere, in questo modo, di una chiarezza teorica cristallina e perfettamente in consonanza con una loro attualizzazione pratica. Di particolare interesse è l’articolo – intitolato, non casualmente Le manette – che analizza le Leggi di Difesa del Regno, promulgate dall’Inghilterra durante la prima guerra mondiale, e il proibizionismo americano. Come scrive Margarido, “assimilando la lezione di Spencer, quella del saggio The man versus State (1884), Pessoa sottolinea la natura dannosa di qualsiasi intervento da parte dello Stato nell’organizzazione economica. Con tali presupposti risulta chiara la sua fedeltà a una certa concezione del liberalismo economico: l’affidare alle forze del mercato tutto ciò che riguarda il funzionamento regolare delle attività economiche” (p. 257). Con lo humor e l’ironia che lo contraddistinguono, Pessoa ci dà un quadro critico delle leggi proibizioniste, portandole sino all’estremo e mostrando le falle costitutive e i paradossi insiti nei suoi stessi presupposti. La conclusione dell’articolo porta direttamente ad una visione organicista della società: “nessuna legge è benefica se attacca una qualunque classe sociale o ne limita la libertà. Le classi sociali non vivono separate, in compartimenti stagni. Vivono in perpetua interdipendenza, si compenetrano costantemente. Quel che lede una, lede tutte le altre. La legge che attacca una, attacca tutte le altre” (p. 60). Come un corpo umano si mantiene perché ogni organo ha il proprio ruolo, così anche nella società ogni classe deve avere un compito specifico e peculiare, il quale non deve essere modificato da alcuna legge artificiale. È chiaro come questa teoria si basi sul presupposto che la costituzione di una società avvenga, almeno in un primo momento, su basi naturali. Lo sconvolgimento della classi significherebbe il ribaltamento dell’ordine naturale delle cose. Quando la legge umana si pone contro la naturalità della vita, è destinata a fallire. Pessoa arriva così alla conclusione che anche la schiavitù potrebbe avere un ruolo determinante all’interno della società: “nessuno ha ancora dimostrato, ad esempio, che l’abolizione della schiavitù sia stato un bene sociale. Nessuno l’ha dimostrato perché nessuno lo può dimostrare. Chi ci dice che la schiavitù non sia una legge naturale della vita delle società sane? […] Si può dire che stia ancora in piedi la vecchia affermazione di Aristotele – peraltro così poco propenso a soluzioni «tiranniche» – che la schiavitù è uno dei fondamenti della vita sociale. E sta ancora in piedi poiché non c’è modo di buttarla giù” (pp. 128-129). Al di là, dunque, di ogni giudizio morale, poiché l’etica è un artefatto che non fa parte di alcuna legge di natura, di per sé spietata. Se è vero ciò che ritiene il poeta, cioè che ogni civilizzazione si basa sul lavoro, allora anche la schiavitù è parte di essa. Emerge, come sostiene Margarido, “non il cinismo della scrittura pessoana, come sarebbe troppo facile e automatico concludere, ma il tentativo di definire, in modo lucido, la brutalità delle situazioni provocate dal binomio civilizzazione/lavoro” (p. 262).
Una volta entrati in contatto con il Pessoa economista, sarà ben difficile mantenerne l’immagine classica, ovvero quella di un poeta totalmente estraniato dal mondo che lo circonda. La chiarezza con cui Pessoa tratta certi argomenti ci porterà a comprendere che, come scrive lo studioso citato poc’anzi, “non siamo al cospetto di uno specialista del commercio che a un tempo scrive poesie, ma piuttosto di un poeta geniale in possesso della capacità teorica che gli consente non solo di analizzare i fatti economici ma, soprattutto, di proporre soluzioni a livello nazionale e perfino mondiale” (p. 278). Il poeta portoghese si inscrive, insomma, in quella lunga tradizione di letterati che si occuparono di economia che annovera, come Accame ricorda nel suo Ezra Pound Economista – Contro l’usura (Settimo Sigillo, Roma 1995), intellettuali come Dante, Tasso, Shakespeare e Pound. L’incursione di questi “non addetti ai lavori” può condurre a soluzioni che dovrebbero oggi, in un momento di inaudita crisi economica mondiale, essere perlomeno riprese in considerazione con più serietà di quanto non sia stato fatto fino ad ora. Per concludere, possiamo certamente dire che, dopo la lettura di questo volume, il lettore che ancora non è a conoscenza del Pessoa politico e sociologo non potrà che attendere con estrema curiosità i prossimi volumi in ripubblicazione presso la collana Pessoana delle Edizioni dell’Urogallo: Scritti di sociologia e teoria politica e Politica e profezia. Certi che anch’essi ci procureranno non poche sorprese.